venerdì 13 dicembre 2019

La scuola di cui preoccuparsi




















Si è scritto e detto molto, negli ultimi due giorni, sulla dirigente scolastica del Liceo "Seguenza" di Messina. Sulla preside, cioè, che, durante un incontro con gli studenti, ha dichiarato che gli alunni della sua scuola non sono figli di contadini e non frequentano scuole di montagna e che, conseguentemente, possono permettersi tranquillamente il contributo volontario di cinquanta euro. Affermazione accompagnata da un'altra in cui la dirigente ha ripreso una ragazza, invitandola a parlare correttamente perché "voi siete liceali e non dovete parlare come i ragazzi di un professionale". 
Si è scritto e detto molto. Molte cose scontate, per la verità, altre più ragionate, altre ancora di pancia.
C'era da aspettarselo, ovviamente. Anche perché ieri la preside ha dichiarato, fermamente (dopo un'altra uscita infelice in cui ha affermato che considera la scuola un ascensore sociale...) di non voler chiedere scusa a nessuno. Oggi, invece, ha chiesto scusa con un video messaggio. Questo video, come quelli che documentano le dichiarazioni della dirigente si trovano facilmente in rete. Non intendo commentarli. Anche perché, credo, si commentano da soli... 
Quello che invece voglio sottolineare, in questa vicenda, è un fatto a mio avviso molto, molto grave: a dire quelle cose è stata una donna di scuola. Una donna che ha insegnato per anni e che ha avuto centinaia, se non migliaia di studenti. Una donna che, oggi, dirige una delle scuola più frequentate della tredicesima città d'Italia. Io non mi indigno per quello che ha detto oggi e due giorni fa. Si tratta di parole indifendibili. Cosa le vuoi dire? Niente. Mi preoccupo, invece, per quello che una donna di scuola che pensa e pronuncia quelle parole abbia potuto dare ai suoi alunni e a coloro che frequentano oggi il suo liceo. Mi preoccupo se penso alla testimonianza che una persona che pensa e pronuncia quelle parole abbia potuto fornire ai suoi studenti. Mi preoccupo se penso a quello che una persona che pensa e pronuncia quelle parole abbia trasmesso alle anime di chi l'ha ascoltata in questi anni dietro un banco. Mi preoccupo perché anni di cattivi maestri producono danni quasi irreparabili. Magari mi sbaglio. Forse la preside ha acquisito questo habitus solo recentemente; magari travolta dalle incombenze quotidiane di chi è stato trasformato dalla nefasta scuola dell'autonomia in un burocrate oberato da carte e responsabilità senza fine. 
Me lo auguro. Ma mi preoccupo lo stesso. E penso, ancora una volta (come quasi tutti i giorni in cui varco la soglia della scuola in cui insegno) a quale professione privilegiata ma delicata sia quella di chi ha a che fare con i giovani. Una professione che non è per tutti. Chi non ha le caratteristiche, la personalità, le capacità relazionali, l'amore per la crescita dei giovani, l'utopia del miglioramento progressivo della comunità, è bene che ne stia lontano. Si può fare dell'altro. Magari il contadino, perché no. La scuola la si lasci ad altri. 

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